Efficienza energetica e rinnovabili UE, si può fare di più

Lunedì, 21 Maggio 2018

UNO STUDIO EVIDENZIA CHE I TARGET UE 2030 SU ENERGIE RINNOVABILI, EFFICIENZA ENERGETICA E RIDUZIONE DELLE EMISSIONI POSSONO ESSERE SUPERATI. ECCO COME

L’Unione Europea può fare ben di più degli obiettivi che si è posta in termini di efficienza energetica e di energia prodotta da fonti rinnovabili per arrivare a soddisfare l’Accordo di Parigi. Ad affermarlo è uno studio che già dal titolo sottolinea questo intendimento: “The Eu can increase its climate targets to be in line with a global 1.5°C target” realizzato da Climact, dal New Climate Institute e commissionato dalla European Climate Foundation e dalla ClimateWorks Foundation.

Emissioni, rinnovabili ed efficienza energetica: prendere a modello gli esempi virtuosi

Lo studio analizza sotto questi aspetti le migliori pratiche vigenti in Europa e le prende a modello da estendere a tutti i Paesi membri UE.

La convinzione, suffragata da dati e analisi, è che l’Unione Europa possa andare ben oltre i suoi attuali impegni in termini di riduzioni dei gas serra: essa ha il potenziale per raggiungere una percentuale variabile dal 55% al 62% inferiore del 1990 entro il 2030, in linea con l’impegno di Parigi di contenere il riscaldamento globale entro 2°C dai livelli pre-industriali, e se possibile entro 1,5 gradi. Per riuscirci è basilare applicare a livello europeo le buone pratiche adottate in vari Stati membri tra cui Paesi Bassi, Danimarca, Regno Unito, Germania e Norvegia.

Intanto però occorre dare un forte sostegno delle politiche a favore delle energie rinnovabili e a una più rapida uscita dal carbone. Il settore energetico ha il maggior potenziale di ulteriori tagli delle emissioni. Il primo fattore abilitante in questo è l’efficienza energetica elettrica dal lato della domanda.

Lo studio mostra che, mentre le attuali politiche dell’UE in materia di clima ed energia presuppongono che un’uscita completa dal carbone sarà possibile solo intorno al 2050, riuscirci vent’anni prima ridurrebbe le emissioni del settore elettrico del 62%: la condizione necessaria per rendere questo possibile è la sostituzione del carbone con le energie rinnovabili. Diversi Stati membri hanno annunciato lo stop al carbone già dal 2030, il che conferma che la ricetta è attuabile ed estendibile.

Per quanto riguarda la produzione di elettricità da rinnovabili, il modello viene della Danimarca: se si seguisse il suo esempio, entro il 2030 l’Europa potrebbe raggiungere il 74% di elettricità da fonti “pulite”, che si traduce in un potenziale del 45% di energie rinnovabili nell’intero sistema energetico. Anche Regno Unito e Germania hanno dato prova di una crescita sensibile nella penetrazione di un mix “green” nel loro sistema energetico: il primo ha ottenuto il 22% in più, raggiungendo il 28% della produzione di elettricità nel 2017 – un aumento annuo di 3 punti percentuali di penetrazione; la Germania ha aggiunto annualmente circa 2,4 punti percentuali.

Perché l’Europa raggiunga l’ambizioso obiettivo è necessario passare dai circa 1000 TWh di produzione di energia rinnovabile nel 2015 a 2170 TWh nel 2030. È fattibile? La risposta è sì: sarebbe sufficiente crescere allo stesso ritmo della media del Regno Unito e della Germania tra il 2010 e il 2017. Con la riduzione dei costi cui si è assistito nelle tecnologie fotovoltaiche ed eoliche, “ciò non sembra eccessivamente impegnativo” evidenzia lo studio.

Veicoli elettrici e deep retrofit, i modelli Norvegia e Paesi Bassi

Altro punto nevralgico su cui intervenire è quello dei trasporti, energivoro e inquinante. Secondo lo studio, la chiave è una più rapida penetrazione dei veicoli elettrici applicando politiche simili a quelle della Norvegia in tutta l’UE, dove un terzo dei mezzi immatricolati fa il pieno “con la spina”. A oggi è il quarto Paese al mondo, in termini di e-mobility, dietro Cina, Usa e Giappone; ma anche Francia, l’Austria e i Paesi Bassi, stanno diventando sempre più ambiziosi su questo aspetto. Lo studio mostra come l’applicazione di queste politiche potrebbe portare a dimezzare le emissioni causate dai trasporti entro il 2030 in Europa.

Altro nodo importante è quello dell’edilizia. Anche in questo caso stiamo parlando di uno dei settori più energivori in assoluto. La ricetta per un drastico calo dei consumi e una conseguente riduzione di gas climalteranti è legata alla ristrutturazione del patrimonio immobiliare esistente. Qui l’esempio viene dai Paesi Bassi, dove il deep retrofit fa scuola in tutta Europa: gli analisti dello studio sottolineano che, puntando su sistemi di riscaldamento a pompe di calore basate sull’elettricità e sul teleriscaldamento, implicherebbe una riduzione del 70% delle emissioni di GHG provenienti dal settore edile entro il 2030.

Infine, per l’industria, una combinazione di politiche in grado di aumentare l’efficienza delle risorse e di supportare il passaggio dall’uso di combustibili fossili alle energie rinnovabili può portare a riduzioni molto più significative di quelle previste attualmente. Come risultato dell’ampia applicazione di tutte queste misure degli stati membri in Europa la domanda energetica in Europa potrebbe essere ridotta di quasi il 45% rispetto ai livelli del 2007, invece del 30% previsto nella proposta della Commissione europea.