Illuminazione pubblica in Italia: la spesa è eccessiva

Martedì, 29 Maggio 2018

Uno studio dell'Osservatorio sui Conti Pubblici Italiani dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano evidenzia che il consumo di energia elettrica nel nostro Paese è il doppio della media europea

In Italia la spesa pro capite per l’illuminazione pubblica è eccessiva. Insomma, spendiamo troppo. A confutarlo, uno studio dell’Osservatorio sui Conti Pubblici Italiani dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, diretto dal neo premier incaricato Carlo Cottarelli. Nel nostro Paese il consumo di energia elettrica pro capite per l’illuminazione pubblica nel 2017 è stato il doppio di quello della media europea. “La spesa complessiva per illuminazione pubblica – si legge nel rapporto – è di 1,7 miliardi di euro, pari a 28,7 euro pro capite rispetto a una media di 16,8 euro dei principali paesi europei”.

L’energia elettrica: facciamo i conti

In Italia la spesa pro capite per l’illuminazione pubblica è eccessiva. Insomma, spendiamo troppo. A confutarlo, uno studio dell’Osservatorio sui Conti Pubblici Italiani dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, diretto dal neo premier incaricato Carlo Cottarelli. Nel nostro Paese il consumo di energia elettrica pro capite per l’illuminazione pubblica nel 2017 è stato il doppio di quello della media europea. “La spesa complessiva per illuminazione pubblica – si legge nel rapporto – è di 1,7 miliardi di euro, pari a 28,7 euro pro capite rispetto a una media di 16,8 euro dei principali paesi europei”. L’energia elettrica: facciamo i conti Il consumo di energia elettrica per illuminazione pubblica in Italia nel 2017 è stato all’incirca di 6.000 GWh, con un consumo pro capite di 100 kWh, pari al doppio della media europea di 51 kWh. Il consumo italiano è rimasto sostanzialmente stabile nell’ultimo decennio e la spesa italiana per illuminazione pubblica nel 2017 è stata pari a 1,7 miliardi di euro. Il dato sostanzialmente negativo, però, è che nel 2016 la spesa pro capite in Italia è stata di 28,7 euro, molto più alta della media dei principali paesi europei (16,8 euro), di Francia (20,3 euro), Regno Unito (14,2 euro) e Germania (5,8 euro). Tra le regioni italiane il consumo pro capite più alto è registrato in Valle d’Aosta (199 kWh); seguono Calabria (151 kWh), Basilicata (143 kWh), Abruzzo (142 kWh) e Molise (138 kWh). Tra le regioni più virtuose ecco la Campania (80 kWh), il Lazio (81 kWh), il Veneto (85 kWh) e la Lombardia (88 kWh). Tra le province, il maggior consumo pro capite è registrato nella Provincia di Parma (254 kWh), seguita da Rieti (204 kWh) e Aosta (199 kWh). Le tre province più risparmiose sono Napoli (49 kWh), Milano (65 kWh) e Prato (66 kWh). Se si escludono le province di Napoli e Milano, che a causa della loro popolosità beneficiano di maggiori economie di scala, le tre province più virtuose sono Prato (66 kWh), Bolzano (71 kWh) e Vicenza (72 kWh).

Una proposta di risparmio

Per Carlo Cottarelli, soprannominato anche ‘Mister spending review’, “il risparmio potenziale stimato nelle Proposte per una Revisione della Spesa Pubblica di marzo 2014 era di circa 300 milioni nel giro di tre anni. Le misure previste erano distinte tra misure di breve e di medio periodo. Le prime avrebbero consentito di generare risparmi a costo zero. Si trattava principalmente dello spegnimento di: impianti di illuminazione pubblica extraurbana; punti luce di aree artigianali e industriali”.

Nello studio dell’Osservatorio, cui hanno collaborato Diego Bonata, Fabio Falchi, Riccardo Furgoni e Carlo Valdes, si sottolinea che nessuna di queste misure è stata adottata, forse per la diffusa convinzione di una relazione tra luminosità e sicurezza che, dati alla mano, non è stata provata scientificamente.

Le misure di medio periodo, invece, consistevano nella sostituzione di impianti di illuminazione inefficienti e nel passaggio a illuminazione a LED, un passaggio che sta incontrando alcune criticità. Tra gli altri possibili interventi, ecco l’installazione di orologi astronomici o sensori di movimento; la regolazione della luminosità di alcuni impianti; il passaggio integrale a LED per gallerie e illuminazione semaforica; l’adeguamento dei servizi di manutenzione ai costi di mercato; l’impiego intensivo di sensori di movimento o di illuminazione adattiva. Grazie a queste misure “si stima che i consumi pro capite italiani potrebbero essere ridotti nel medio-lungo periodo del 50 per cento (arrivando, cioè, alla media europea di 51 kWh), generando risparmi notevoli”.

Investimenti importanti per l’illuminazione pubblica

Appare evidente che adottare misure così complesse e articolate richiede investimenti notevoli. “Un gruppo di lavoro sull’illuminazione pubblica coordinato dal MISE- scrivono gli autori dello studio – nel 2014 aveva proposto una soluzione ancora attuale: gli investimenti necessari potrebbero essere realizzati grazie a delle linee di credito concesse dalla Cassa Depositi e Prestiti ai comuni. Nonostante le indicazioni non siano state accolte dal legislatore, sono da segnalare alcuni interventi normativi che vanno verso una riduzione dei consumi energetici per illuminazione pubblica: il Decreto 27 settembre 2017 del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (integrato dal Decreto 28 marzo 2018, ‘Criteri ambientali minimi per l’affidamento del servizio di illuminazione pubblica’); la Legge di Bilancio 2018. Tuttavia, questi interventi presentano importanti criticità. I decreti hanno avuto il merito di aggiornare i Criteri Ambientali Minimi, cioè i criteri che devono essere rispettati nelle gare d’appalto per l’illuminazione pubblica. Ma presentano diversi limiti”.

Il principale è che i decreti mirano principalmente ad assicurare che, nel caso in cui i comuni decidano di ammodernare l’illuminazione pubblica, i criteri per l’assegnazione degli appalti considerino certi standard di risparmio energetico. Un approccio che secondo Carlo Cottarelli e il team di lavoro comporta diversi elementi di criticità:

  • Non è previsto nessun obbligo per i comuni di convergere verso obiettivi di consumo simili a quelli della media europea. I decreti comportano solo vincoli, peraltro non del tutto stringenti, nel caso in cui i comuni decidano di procedere di loro iniziativa all’ammodernamento degli impianti.
  • I comuni potrebbero anche decidere di ammodernare impianti che non sono utili rispetto ai bisogni effettivi di illuminazione pubblica.
  • I nuovi criteri favoriscono l’impiego di LED efficienti ma eccessivamente inquinanti rispetto alle tecnologie disponibili sul mercato. Il problema è però di natura economica oltre che ambientale. Infatti, l’installazione di questo tipo di impianti potrebbe costringere in futuro i comuni a dover effettuare nuovi costosi interventi di ammodernamento a tutela della salute pubblica”.

La Legge di Bilancio 2018 e l’illuminazione pubblica

La Legge di Bilancio 2018 definisce ambiziosi obiettivi di risparmio, senza però indicare le modalità di attuazione. Nel testo è prevista la realizzazione “di interventi di efficientamento energetico e di adeguamento alle normative vigenti sugli impianti di illuminazione pubblica” al fine di ridurre la spesa corrente. “È una prescrizione del tutto generica. La definizione delle modalità di attuazione è demandata a ‘uno o più decreti del Presidente del consiglio dei ministri (…) da adottare entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di bilancio’. Attualmente nessun decreto è stato emanato, nonostante i tempi per l’emanazione siano già decorsi”.

Ed ecco, dunque, le conclusioni tratte dallo studio: “Al momento non esistono norme che possono limitare efficacemente l’elevato consumo di energia elettrica per illuminazione pubblica. Eppure per il legislatore sarebbe una buona occasione: i risparmi potenziali sono considerevoli e una riduzione dei consumi non solo non comporterebbe alcun disagio alla collettività, ma assicurerebbe anche una significativa riduzione dell’inquinamento luminoso”.

Altri dettagli dello studio sono disponibili qui.